La maturità non è un fatto anagrafico

La maturità non è un fatto anagrafico

Venerdì sera, alla Casa del Jazz, un giovane sassofonista di nome Mattia Cigalini ha fatto sapere a tutta la numerosa platea, semplicemente suonando il suo sax alto, che ci sono ancora giovani musicisti pronti a rottamare i vecchi. Questa asserzione va letta non in senso negativo, ma come pungolo a tutti, giovani e vecchi, a fare sempre di più e meglio.

Siamo in tanti, nonostante la pioggia, e la formazione che abbiamo dinanzi è particolare, senza basso. Oltre a Mattia Cigalini (sax alto), leader della formazione, ci sono Gianluca Di Ienno (pianoforte) e Nicola Angelucci (batteria). Si parte subito alti, con un brano che ricorda da vicino gli Yellow Jackets e che si ispira a culture lontane. Cigalini non ha fretta di esibirsi, non cerca il numero come si conviene ad un musicista di lunga esperienza. Attende con atteggiamento ispirato il momento del guizzo, l’estro creativo.

Ed ecco che il secondo brano, East, strutturato su tempi dispari, offre l’occasione, a lui come ai suoi comprimari, di misurarsi con una struttura più complessa, per quanto basata su un concetto modale. I ritmi diventano più veloci, il sax si avventura su impervie sequenze triadiche, il tutto sempre con grande controllo.

Symbolic è l’ulteriore passo di questa ascesa di cui siamo parte, ascesa dalla terra al cielo o, come usa dire in questi giorni, dalla bruttezza del quotidiano alla bellezza assoluta: ad una intro basata su un pedale di piano, si sovrappongono i mallets di Angelucci a conferire un aspetto tribale. Su tutto questo, Mattia gestisce con apparente semplicità un assolo in crescendo, passando prima da frasi liriche e consonanti per arrivare poi, in un crescendo emozionale, a frasi sempre più repentine a tratti sconfinando nei sovracuti.

In Horus, ad una intro di sax molto up segue poi un interludio pianistico più lento, con la batteria ed il piano stesso ad eseguire puntillismi dando la giusta verve al solista il quale ha così lo spunto per agganciarsi ad un ritmo swingante, con la batteria a scomporre con metro diverso dando così una sensazione di poliritmia.

Il concerto continua a farci ascendere, fino a quando, sul finale, Mattia decide di travolgerci direttamente, con un brano dal marcato accento bebop nel quale il sax esegue uno slap, il piano suona la walkin’ line, la batteria picchia forte e ci ricordiamo tutti all’improvviso dell’epoca d’oro, e mi chiedo: e se fosse nata stasera una nuova epoca d’oro?

Mattia Cigalini “Astrea” – Casa del Jazz – Roma